18 Novembre 2021

Facile come spegnere un interruttore

Negli ultimi mesi ho chiuso ben due account social. Vorrei giustificare la cosa (non che debba farlo) adducendo ragioni inoppugnabili, ma sarebbe come spiegare ad una platea di fumatori incalliti (e convinti) perchè di punto in bianco si è deciso di smettere con il fumo.

Il mio esordio social risale, come quello di tanti della mia generazione, al 2008 ca. quando Facebook era una novità e farne parte era diventato imperativo: erano gli anni in cui la socialità reale si stava velocemente spostando sul web, complici i primi smartphone e le prime connessioni dati mobili che consentivano di essere (e soprattutto rimanere) connessi ovunque si fosse. Nel lontano 2008 (forse 2009, vabbè… poco importa) anch’io entrai a far parte della crescente comunità di ventenni che si affacciavano per la prima volta su di un social network davvero totalizzante.

Ma facciamo un flash forward ai giorni nostri. I social network di 10 anni fa non sono più gli stessi: non ci colleghiamo più per condividere contenuti personali con i nostri amici MA per consumare contenuti che individui al di fuori della nostra cerchia di amicizie e conoscenze producono per noi che siamo diventati il loro pubblico, la loro merce di scambio. Questi contenuti sono per la maggior parte proposte di acquisto (leggi: pubblicità) più o meno evidenti dove l’intrattenimento è commisto al marketing, praticato dal piccolo come dal grande influencer (attenzione, la figura è la stessa ma oggi preferiscono farsi chiamare content creator), così da trasformare il social network in un mercato generale dove gli affari migliori li fa chi la spara più grossa. L’avete notato? Non ditemi che l’ho notato solo io… mi rifiuto di crederlo.

Se il fattore marketing già sarebbe bastato a convincermi, non possiamo non sottolineare l’ambiente opprimente che si respira sui social. Qui faccio esplicito riferimento ad Instagram, social network che ho sempre adorato ed odiato allo stesso tempo, perchè se da un lato permette di comunicare efficacemente e creativamente utilizzando solo le immagini dall’altro consente e incoraggia la mistificazione della percezione che gli altri hanno indirettamente di noi stessi. Allora ecco che tutti fanno vacanze da sogno, tutti hanno case meravigliose, famiglie perfette e fisici straordinari. Tutti fanno a gara ad apparire migliori di quello che sono e nessuno si accorge di quanto tossica e perversa sia questa narrazione: ecco che ci sentiamo tutti dei falliti perchè diversamente dai nostri coetanei non abbiamo la stessa agiatezza economica o la stessa taglia di jeans, e somatizziamo la nostra frustrazione. D’altro canto la narrazione della perfezione irreale che seppur finta comunque affascina e quasi convince che si tratti davvero della realtà (del resto se non fosse vero, perchè pubblicarlo?) genera seguito, interazione… e perchè no, guadagno. E si torna sempre a parlare di marketing, con l’aggiunta della beffa al danno.

In ultimo, ma non meno importante, c’è la questione dell’esposizione mediatica. Da ragazzi essere sui social e figurare in tutte le foto condivise dagli amici era motivo di vanto ed orgoglio, ma erano le nostre facce e le nostre foto. Oggi molti di noi sono o stanno diventando genitori, responsabili non più solo per noi stessi ma anche per la nostra prole e la cosa sembra non importare più di tanto: ecco che i social network vengono inesorabilmente innondati di foto di bambini esibite come trofei dagli orgogliosi genitori. E no, se ve lo state chiedendo, non mi sembra giusto: non è giusto nei confronti dei bambini che non possono dare o negare il consenso e che magari tra 15 anni non saranno felici di sapere che la loro tenera e simpatica foto di quando facevano il bagnetto a 2 mesi è stata vista da chiunque su Instagram.

Per questi (e forse altri motivi più irrazionali e difficilmente spiegabili) ho deciso di darci un taglio. Ho deciso di chiudere i miei account di Facebook ed Instagram e di iniziare a vivere il mio tempo libero più serenamente, senza subire il confronto penalizzante con gli altri utenti di Instagram od il marketing spregiudicato su Facebook.

La vita vera, bella o brutta, è quella che accade qui e ora. Preferisco condividerla con le persone che per me contano davvero. Tutto il resto non ha nessuna importanza.